Caso ILVA: una corsa contro la disoccupazione
Di Giuseppe
Agostino Spina e Mattia De Gaetani
Fissata per il
19 novembre la messa in cassa integrazione di duemila dipendenti del polo siderurgico
più grande d’Europa, l’Ilva di Taranto.
La percentuale è
alta, considerato il numero dei dipendenti totali, pari a 13 mila.
Una notizia,
questa, che mette in ansia l’intero Mezzogiorno d’Italia. Ma la situazione non
presenta risvolti. L’autorizzazione integrata ambientale prevede che il più
grande altoforno del siderurgico si fermi al luglio del 2014.
Momentaneamente,
i dipendenti saranno allontanati dal proprio posto di lavoro per circa 13
settimane. L’azienda lo ha comunicato ai sindacati Fim, Fiom, Uilm.
La richiesta è
stata motivata dall’assenza di commesse per i grandi tubi determinata anche
dall’incertezza produttiva in cui si trova l’azienda.
L’incontro tra
l’Ilva e i sindacati si è concluso senza un punto di incontro tra le due parti.
Fim, Fiom, Uilm
hanno chiesto di poter soprassedere alle procedure di cassa integrazione. Il
segretario provinciale della Uilm di Taranto, Antonio Talò, ha dichiarato che
dall’ inizio dell’anno c’è crisi di mercato ma l’azienda aveva promesso che non
avrebbe utilizzato ammortizzatori sociali, invece, ora c’è stato un cambio di
idee.
Per nulla
rassicuranti sono i risultati emersi e il sequestro degli impianti - per molti - rappresenterebbe la soluzione
migliore per evitare un inquinamento non solo dannoso nei confronti
dell’ambiente, ma soprattutto per i singoli individui. Tuttavia, dall’altra
parte, una possibile chiusura dello stabilimento comporterebbe un gravissimo
calo dell’occupazione.
Numerose,
infatti, sono state le proteste da parte dei lavoratori occupati da anni
nell’azienda. Manifestazioni in piazza, occupazioni, e soprattutto scioperi a
oltranza sono stati i veri protagonisti di questi giorni. La salute rappresenta
indubbiamente un valore di fondamentale importanza, il quale non può essere in
nessun modo ignorato o violato, ma d’altra parte è anche vero che in un periodo
di forte crisi, come quello attuale, una significativa riduzione dei posti di
lavoro non farebbe altro che aggravare ancora di più un panorama di per sé già
disastroso.
I sindacati si
sono schierati al fianco dei lavoratori. Il caso
è stato portato anche al cospetto del Governo. Il Presidente del Consiglio ha
spiegato che la chiusura dell’Ilva indurrebbe
ad un ingente calo della produzione ed ha proposto, perciò, l’accelerazione del
piano di bonifica.
Il ministro
Clini, invece, ha spiegato come l’inquinamento sia un problema che già da anni
riguarda la città di Taranto.
"Da 3 anni
e in particolare nell’ultimo anno - ha
detto il ministro - sono state date all’Ilva
prescrizioni precise finalizzate ad allineare tecnologie a standard Ue per
abbattere gli inquinanti forse causa di malattia. Grazie a queste indicazioni i
livelli di diossina sono diminuiti di centinaia di volte e oggi sono le più
basse degli impianti siderurgici in Ue".
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