domenica 11 novembre 2012



Caso ILVA: una corsa contro la disoccupazione
Di Giuseppe Agostino Spina e Mattia De Gaetani

Fissata per il 19 novembre la messa in cassa integrazione di duemila dipendenti del polo siderurgico più grande d’Europa, l’Ilva di Taranto.
La percentuale è alta, considerato il numero dei dipendenti totali, pari a 13 mila. 
Una notizia, questa, che mette in ansia l’intero Mezzogiorno d’Italia. Ma la situazione non presenta risvolti. L’autorizzazione integrata ambientale prevede che il più grande altoforno del siderurgico si fermi al luglio del 2014.
Momentaneamente, i dipendenti saranno allontanati dal proprio posto di lavoro per circa 13 settimane. L’azienda lo ha comunicato ai sindacati Fim, Fiom, Uilm.
La richiesta è stata motivata dall’assenza di commesse per i grandi tubi determinata anche dall’incertezza produttiva in cui si trova l’azienda.
L’incontro tra l’Ilva e i sindacati si è concluso senza un punto di incontro tra le due parti.
Fim, Fiom, Uilm hanno chiesto di poter soprassedere alle procedure di cassa integrazione. Il segretario provinciale della Uilm di Taranto, Antonio Talò, ha dichiarato che dall’ inizio dell’anno c’è crisi di mercato ma l’azienda aveva promesso che non avrebbe utilizzato ammortizzatori sociali, invece, ora c’è stato un cambio di idee.
Per nulla rassicuranti sono i risultati emersi e il sequestro degli impianti  - per molti - rappresenterebbe la soluzione migliore per evitare un inquinamento non solo dannoso nei confronti dell’ambiente, ma soprattutto per i singoli individui. Tuttavia, dall’altra parte, una possibile chiusura dello stabilimento comporterebbe un gravissimo calo dell’occupazione.
Numerose, infatti, sono state le proteste da parte dei lavoratori occupati da anni nell’azienda. Manifestazioni in piazza, occupazioni, e soprattutto scioperi a oltranza sono stati i veri protagonisti di questi giorni. La salute rappresenta indubbiamente un valore di fondamentale importanza, il quale non può essere in nessun modo ignorato o violato, ma d’altra parte è anche vero che in un periodo di forte crisi, come quello attuale, una significativa riduzione dei posti di lavoro non farebbe altro che aggravare ancora di più un panorama di per sé già disastroso. 

I sindacati si sono schierati al fianco dei lavoratori. Il caso è stato portato anche al cospetto del Governo. Il Presidente del Consiglio ha spiegato che la chiusura dell’Ilva indurrebbe ad un ingente calo della produzione ed ha proposto, perciò, l’accelerazione del piano di bonifica.
Il ministro Clini, invece, ha spiegato come l’inquinamento sia un problema che già da anni riguarda la città di Taranto.
"Da 3 anni e in particolare nell’ultimo anno  - ha detto il ministro - sono state date all’Ilva prescrizioni precise finalizzate ad allineare tecnologie a standard Ue per abbattere gli inquinanti forse causa di malattia. Grazie a queste indicazioni i livelli di diossina sono diminuiti di centinaia di volte e oggi sono le più basse degli impianti siderurgici in Ue".

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