Quando un merito negato uccide
di Francesca
Micelli, Roberta D’Elia e Gianvincenzo Russo
A
Cosenza, una ragazza di 28 anni si toglie
la vita perché esasperata da una meritocrazia che in Italia non esiste.
Laureata
alla Facoltà di Ingegneria con 110/110,
non avendo il posto di lavoro che meritava, perché sovrastata da cognomi più
importanti del suo, la giovane ragazza si
è dovuta accontentare di una vita che le andava stretta, con un misero lavoro e
uno stipendio altrettanto misero, tanto che a stento riusciva a sfamare la sua
bimba di soli due anni.
Ma
non sempre chi si accontenta gode e lei stanca di tutto si è uccisa.
La madre
esasperata ha scritto una lettera al
direttore del “Quotidiano della Calabria” con la quale, sfogandosi, parla del suo dolore, che non è solo quello
di una madre che ha perso la figlia, ma di una donna che ha paura per il futuro dei giovani
d’oggi.
"Non si può banalizzare e liquidare il suo
gesto come un suicidio dettato dalla depressione... Lei sì, lei sì che si è
sempre impegnata fiduciosa nei nostri insegnamenti, sicura che il merito
avrebbe pagato”: queste le parole della
madre.
Oggi in Italia si assiste sempre di più a
fenomeni omologhi, giovani figli di personaggi illustri, che, pur non
meritandolo, ricevono titoli e posti di lavoro che spetterebbero a chi ha le
capacità e tutti i diritti per ricoprire quelle cariche.
Figli
di gente importante che comprano diplomi e lauree che senza soldi non sarebbero
in grado di avere, perché incapaci.
Giovani comuni
costretti, pur non volendo, ad emigrare dal proprio Paese perché privi di un
futuro stabile.
Per
quanto tempo ancora si devono esortare i giovani ad andare via dal proprio
Paese, incentivando la “fuga di cervelli ”?
"Lei non poteva vivere in quest'Italia
asservita, e non poteva neanche allontanarsene, è una colpa da pagare a così
caro prezzo? Se è così, giovani, andate via, andate via e abbandonate questa
Terra, noi non vi vogliamo...E voi, mamme, non consentite che ciò divori i
nostri figli. Lottiamo insieme a loro, nella legalità, per i loro diritti, e
chiediamo a testa alta ciò che è loro dovuto": così ha scritto la mamma
della ragazza nella sua lettera.
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