mercoledì 25 aprile 2012


Quando un merito negato uccide
di Francesca Micelli, Roberta D’Elia e Gianvincenzo Russo

A Cosenza, una ragazza di 28 anni si toglie la vita perché esasperata da una meritocrazia che in Italia non esiste.
Laureata alla Facoltà di Ingegneria con 110/110, non avendo il posto di lavoro che meritava, perché sovrastata da cognomi più importanti del   suo, la giovane ragazza si è dovuta accontentare di una vita che le andava stretta, con un misero lavoro e uno stipendio altrettanto misero, tanto che a stento riusciva a sfamare la sua bimba di soli due anni.
Ma non sempre chi si accontenta gode e lei stanca di tutto si è uccisa.
La madre esasperata ha scritto una lettera  al direttore del “Quotidiano della Calabria” con la quale, sfogandosi,  parla del suo dolore, che non è solo quello di una madre che ha perso la figlia, ma di una donna  che ha paura per il futuro dei giovani d’oggi.
"Non si può banalizzare e liquidare il suo gesto come un suicidio dettato dalla depressione... Lei sì, lei sì che si è sempre impegnata fiduciosa nei nostri insegnamenti, sicura che il merito avrebbe pagato”: queste le parole della madre.
 Oggi in Italia si assiste sempre di più a fenomeni omologhi, giovani figli di personaggi illustri, che, pur non meritandolo, ricevono titoli e posti di lavoro che spetterebbero a chi ha le capacità e tutti i diritti per ricoprire quelle cariche.
Figli di gente importante che comprano diplomi e lauree che senza soldi non sarebbero in grado di avere, perché incapaci.
Giovani comuni costretti, pur non volendo, ad emigrare dal proprio Paese perché privi di un futuro stabile.
Per quanto tempo ancora si devono esortare i giovani ad andare via dal proprio Paese, incentivando la “fuga di cervelli ”?
"Lei non poteva vivere in quest'Italia asservita, e non poteva neanche allontanarsene, è una colpa da pagare a così caro prezzo? Se è così, giovani, andate via, andate via e abbandonate questa Terra, noi non vi vogliamo...E voi, mamme, non consentite che ciò divori i nostri figli. Lottiamo insieme a loro, nella legalità, per i loro diritti, e chiediamo a testa alta ciò che è loro dovuto": così ha scritto la mamma della ragazza nella sua lettera.

                               





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