sabato 16 aprile 2011

Bioetica: la scienza al servizio della vita


...ma non dell'avidità umana

di Francesca Leo e Noemi Panzera


La ricerca scientifica deve porsi dei limiti oppure ogni tipo di sperimentazione è lecita, purché raggiunga il risultato per il quale è stata intrapresa? Il rischio è che rispondendo a questa domanda emergano posizioni preconcette, partendo però sempre dal presupposto che non è possibile essere perfettamente neutrali su questo, come su altri argomenti.
La ricerca può giungere a risultati importanti riguardo a tumori o altre malattie inguaribili. Può aiutare a risolvere il problema della fame che coinvolge molte popolazioni mondiali, e a donare la gioia di avere un figlio anche a chi non può provarla altrimenti. Tuttavia gli scienziati stessi che si trovano a sperimentare e a modificare i meccanismi della vita, hanno ritenuto opportuno riflettere sui loro lavori, sul comportamento da adottare in certi casi, e così è nata la bioetica.

La filosofia illuminista ci ha insegnato che esistono non solo diritti civili, ma anche diritti naturali dell’uomo, pertanto, giustamente, gli scienziati si chiedono se, in una o nell’altra situazione, stanno violando i diritti di qualcuno. Un conto, infatti è che l’uomo operi su una materia inerte, un altro conto è che operi su un altro uomo. È corretto quindi servirsi delle nuove scoperte tecnico-scientifiche, ma salvaguardando i diritti che ciascun uomo ha sin da quando nasce.
Infatti, se non è giusto frenare il progresso umano con principi e credenze tese solo a fermarlo, d’altra parte non è legittimo subordinare al profitto personale (o di alcuni…) ogni tipo di ricerca. Non si può dire a un medico “ho bisogno di un organo da trapiantare”, comportandosi con lui come ci si comporta con un commerciante qualsiasi. Ci si dovrebbe prima chiedere: “Da chi è stato espiantato quell’organo? Per caso, per curarmi, si sono lesi i diritti di qualcun altro?”. L’autonomia della scienza, insomma, non può essere liberazione dall’etica, altrimenti passeremmo dall’umanesimo all’utilitarismo, subordinando tutto all’appaga-mento di bisogni personali, scavalcando i diritti degli altri, o creando i presupposti per un’involuzione, invece che un miglioramento. Tuttavia questo non vuol dire che la ricerca debba essere inibita. La bioetica non è un ostacolo alla scienza, ma un aiuto, affinché questa operi nel rispetto della morale.



Bisognerebbe esaminare ogni situazione in modo approfondito. Prima di esprimere una propria opinione occorre documentarsi con scrupolo e solo dopo prendere una decisione, che sia condivisa dalla maggioranza e non imposta dall’alto. La prospettiva da cui osservare il singolo problema, in ogni modo, è che non tutto quello che può dare un vantaggio immediato segue per forza la procedura corretta. Magari, a lungo andare, ci si potrebbe trovare di fronte a risultati sfavorevoli di cui spesso ci si accorge quando ormai è troppo tardi. L’importante è che non si applichi il criterio che “sono stati spesi dei soldi”.

Bisogna andare fino in fondo sempre e comunque prima di operare una scelta definitiva, altrimenti prevarrebbe l’interesse imprenditoriale-economico su quello della persona. La soluzione è quindi quella di usare la ragione. Al di là dei suggerimenti interessati dei laboratori di ricerca o dei talk-show serali, la nostra sia una responsabilità diretta quando siamo chiamati a esprimere un’opinione o un voto, a prendere una posizione autonoma e ben ponderata.

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