giovedì 24 marzo 2011

Io mi voglio bene. Proteggi la donna che sarai.

di Paola Cavallo e Caterina Tondo

Di cancro all'utero non si muore più. Basta essere informati in giovane età.

In Italia circa 3500 donne ogni anno sono colpite dal tumore al collo dell’utero. L’incidenza maggiore si ha attorno ai 45 anni di età, mentre è assente sotto ai 25 anni. Nonostante questo, è proprio da giovani che si può e si deve prevenire.


Il principale responsabile del tumore al collo dell’utero è il virus HPV e si contrae per via sessuale attraverso rapporti non protetti.

Oggi la prima arma di prevenzione è il Pap Test, un esame citologico che indaga le alterazioni delle cellule del collo e della cervice dell’utero. L’esame è semplice ed innocuo e permette di identificare la presenza di lesioni anche piccolissime curandole prima che si trasformino in tumore.

Vista la diffusione del fenomeno, in Europa recentemente è stato autorizzato l’uso dei vaccini anti-HPV. In particolare l’Italia è stato il primo Paese in Europa ad offrire alle giovanissime l’immunizzazione contro il Papilloma virus. Dal 2008 il vaccino è stato somministrato gratuitamente a tutte le 12enni, presupponendo che a quest'età le ragazzine non siano ancora attive sessualmente. L’utilità di questo vaccino infatti è dimostrata in bambine e donne di età compresa tra 10 e 26 anni e per sfruttarne al meglio l’efficacia il vaccino dovrebbe essere somministrato prima di avere il primo rapporto sessuale. Questo perché a seguito del rapporto si potrebbe già essere state infettate dal virus. È emersa anche la necessità che ragazze e famiglie siano più informate.

Vaccinarsi significa perciò prevenire in maniera decisiva questa malattia. L’azione dei vaccini è infatti preventiva, non terapeutica, ed è dovuta alla somministrazione di “particelle virus-simili” altamente purificate e che quindi non possono infettare le cellule, riprodursi o causare malattia.

Quando un paziente riceve il vaccino, il sistema immunitario produce anticorpi contro tali proteine. In caso di esposizione al virus dopo la vaccinazione, il sistema immunitario è in grado di proteggersi prontamente producendo anticorpi più rapidamente.

Il vaccino può avere duplice funzione: quella di educazione sessuale e quella di educazione alla salute. Infatti secondo uno studio dell’università di Manchester pubblicato sul British Journal of Cancer otto ragazzine inglesi su 10 hanno ammesso che la puntura anti-Hpv funge anche da stimolo per riflessioni sui rischi legati a rapporti sessuali.

Per le ragazzine intervistate incombe l’imbarazzo nell’affrontare argomenti ancora tabù e inoltre il vaccino impone un dialogo sulle patologie che si trasmettono con i rapporti sessuali. Nonostante ciò parlarne è importante proprio per chiarire le idee. Non è un caso infatti se ben il 14% delle 500 intervistate inglesi ha dichiarato (sbagliando) di temere maggiori rischi d’infezione sessuale a causa del vaccino. Il dato positivo è che il 79% delle ragazze ha invece confessato che il vaccino è servito a renderle più consapevoli del rischio del contagio sessuale.

Le dodicenni di oggi dimostrano nel sondaggio una consapevolezza maggiore rispetto alle generazioni precedenti e la dimostrazione è in quel 42% di ragazze che ha voluto sottoporsi al vaccino, perché riteneva importante proteggersi dal cancro nonostante il rifiuto dei genitori. Ovviamente il sostegno dei genitori resta cruciale, come dimostrato dal 77% delle ragazze che si è sottoposto all’iniezione di comune accordo con la famiglia. Solo il 10% delle partecipanti è stato immunizzato contro la propria volontà.

Il vaccino si è rivelato uno dei più importanti strumenti di prevenzione. Di certo prevenire è meglio che curare e approfittare di questo mezzo può essere molto importante per la salute. Ma la scelta resta comunque vostra!

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