giovedì 4 giugno 2009

Un'analisi sociologica

di Debora D'Amico


Maria Emanuela Corlianò, con il suo saggio “Il software sociale della rete: quotidianità dei nuovi media tra pratiche e discorsi, emancipazione e controllo", racconta come ormai internet e la tecnologia siano diventate quotidianità.
Servendosi di opere come "Google in love" (di Teodora Stites) o i “95 comandamenti di internet” (il Cluetrain manifesto) o attraverso "We the meda" (di Dan Gillmor) delinea come i media influenzino la nostra vita sociale, e di come a volte preferiamo al contatto reale degli scambi di battute virtuali, e seppur con le dovute differenze, la gente che si “frequenta” sui vari forum, blog o social network, si configurino quasi come rapporti familiari.


Si arriva, paradossalmente ad assimilare alcune fissazioni informatiche come controllare frequentemente i commenti, le note o le notifiche fatte sui vari account, ad abitudini come il caffé al bar con gli amici o le chiacchiere fra conoscenti. Tutto questo è dato dal bisogno di apparire e di dire agli altri “ci sono anche io”, perché dietro ad ogni blog e ad ogni foto c’è il bisogno di affermarsi nella propria rete e di dare una precisa immagine di se. Ma la conoscenza on line non è fine a se stessa, infatti molte volte vengono organizzati degli incontri ad hoc dove le relazioni intraprese nel web possono continuare anche quando si è off line.



Viene ribaltata quindi l’idea che vedeva internet come un disperato individualismo. Il web ora ricopre anche una sfera pubblica all’interno della quale gli utenti conversano, parlano e si confrontano. Perché è questo che ci attira principalmente della rete: sapere il più possibile su chi ci circonda ed essere continuamente a contatto col mondo.

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