giovedì 9 dicembre 2010

La Gelmini taglia. L'Italia protesta.

di Carmen Santagada e Letizia Di Noia

Continuano le manifestazioni studentesche contro la Riforma della scuola.

E mentre viene approvato il ddl (disegno di legge) Gelmini, l’Italia sembra vivere un nuovo 68 .
Tutto il paese protesta e si mobilita. Una protesta i cui protagonisti non sono solo gli studenti, ma anche le maggiori sigle sindacali, che vedono i decreti legge distruggere quella che è la loro funzione.

Gli studenti non hanno alcuna intenzione di arrendersi anche se il decreto dovesse essere approvato definitivamente.
Ma contro cosa si protesta?

Ormai da tempo le associazioni sindacali e studentesche sono impegnate a contrastare la riforma Gelmini, la quale sta intaccando negativamente il mondo della scuola.
Il governo con le sue azioni non sta facendo altro che aumentare il precariato la disoccupazione e l’ignoranza nel nostro bel paese.
Mentre il resto del mondo decide di investire nel sistema della formazione, l’Italia adotta riforme che sono in realtà solo una serie di tagli.
L’approvazione del ddl prevede il taglio di 87mila posti di docente e 44.500 di Ata. Questo non farebbe che peggiorare il funzionamento dell’istituzione scolastica italiana, che, secondo quanto si evince dai dati dell'Ocse, si colloca agli ultimi posti per la preparazione degli studenti .
Il coinvolgimento non solo degli studenti ma anche dei lavoratori ,che vedono davanti ai loro occhi un futuro sempre più nero, sembra ricalcare il modello di protesta del ’68.
Oggi, come allora, studenti e professori contestano salendo sui tetti degli atenei, occupando le facoltà e bloccando le città con lunghi cortei.
Neanche il contesto sembra molto diverso.
Nel ’68 gli studenti rivendicavano l'estensione del diritto allo studio anche ai giovani di condizione economica disagiata. Oggi chiedono più finanziamenti per le scuole pubbliche , che cadono letteralmente a pezzi, mentre vengono finanziate dallo Stato quelle private con 270 milioni all’anno.

La protesta non si ferma ai confini nazionali. Arriva in Svizzera.
I giovani ricercatori che lavorano al Cern scrivono in un comunicato che per mantenere la ricerca italiana al livello di quella degli altri paesi europei sono necessari finanziamenti adeguati ed un sistema universitario pubblico e libero. Se questa riforma passasse - aggiungono i ricercatori italiani del Cern di Ginevra - si metterebbe in pericolo il ruolo di leadership nella ricerca che l'Italia ha conquistato con la fatica e la passione di tanti scienziati.

Le contestazioni vogliono attirare l’attenzione dei politici sordi, che favoriscono l’ignoranza per avere un maggior controllo del paese. Con i tagli alla scuola si finanzia l'ici, da cui sono esentate le classi sociali benestanti, e si costringe migliaia di ricercatori italiani a spostarsi all’estero.

I ragazzi del 2010, proprio come i sessantottini, chiedono un'università che sia per tutti e non solo per i figli di papà, più fondi per la ricerca e per il patrimonio culturale italiano.
Serve un governo che finanzi l’istruzione, perché la cultura è alla base di tutto. Senza affondiamo.



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